RAYON VISCOSA
Fu dato il nome a fibre e filati imitanti la seta, ricavati dalla cellulosa.
Nel 1889 il Conte Ilario di CHARDONNEY, presentò all’Esposizione Universale di Parigi, una macchina che produceva fili simili alla seta, ma non suscitò molto interesse.
La possibilità di produrre una fibra artificiale, fu l’inglese HOOKE e successivamente REAUMUR, osservava la seta altra non è che una gomma liquida, e pertanto si domandava se era possibile riprodurre il lavoro del baco mediante gomma o resina opportunamente preparata.
Ma Hooke e Reaumur furono soltanto i profeti delle fibre chimiche, in quanto i realizzatori furono: lo svizzero AUDERMARS che nel 1855 ottenne un brevetto per la trasformazione d’una soluzione di nitrocellulosa in filamenti denominati “seta artificiale”; il francese OZANAM che nel 1862 adoperò nel suo laboratorio chimico, filiere analoghe a quelle ancora in uso oggi; l’inglese SWAN, che nel 1883 brevetto un processo per ottenere filamenti mediante la trafilazione di collodio nell’acido acetico attraverso una filiera analoga a quella dell’Ozanam; ed infine, prioprio il Conte di Chardonnet, il quale iniziati nel 1878 i primi tentativi di fabbricazione, nel 1884 era in grado di presentare all’Accademia delle Scienze, i criteri fondamentali delle sue invenzioni.
Nello stesso anno, fondava nella nativa Besancon, la prima fabbrica di fibre chimiche con il processo alla nitrocellulosa, che dava un prodotto di bell’aspetto con fili dotati di una lucentezza metallica, ma sostanzialmente rigidi, di scarsa resistenza e per di più infiammabili.
Mentre il precursore si sforzava di superare le difficoltà iniziali della produzione, si preentava alla ribalta un altro processo, quello al cuprammonio che ancora prima di essere processato industrialmente, compariva e si affermava il processo alla viscosa, al quale è veramente legata la prima grande espansione delle fibre chimiche.
Questo processo, infatti, impiegato sempre come materia prima la cellulosa ed utilizzando reagenti chimici di basso prezzo, riusciva a dare un prodotto ottimo, di agevole fabbricazione e di costo moderato.
La materia prima utilizzata, è la cellulosa, prodotto del regno vegetale e si ricava in prevalenza dalle conifere (abete, pini, faggio, canna gentile, etc).
Processo chimico
- fogli di cellulosa + soda caustica al 18% = alcalicellulosa
- alcalicellulosa + solfuro di carbonio al 33% = xantogenato sodico di cellulosa
- xantogenato sodico di cellulosa + soda caustica al 7% = VISCOSA
(pasta gelatinosa di colore arancione)
- viscosa in un bagno di coagulo (solfato sodico anidro – acido solforico – solfato di zinco)
liberando il solfuro di carbonio e il solfato di sodio, rigenera la CELLULOSA (Filo)
FIOCCO VISCOSA: inventato e lanciato sul mercato dalla SNIA VISCOSA.
Il rayon l’aveva creato il conte Chardonnet e la cosa, salvo perfezionamenti, era rimasta lì: ma il rayon era un filo continuo, come la seta, e perciò si adattava solo alla lavorazione serica; le possibilità di sviluppo erano e rimanevano limitate.
Fu la Snia Viscosa a risolvere il problema di creare una fibra adatta alla lavorazione cotoniera e a quella laniera, di gran lunga le più importanti, come? , tagliando il filo continuo a lunghezza determinate e facendone così una fibra corta, da filare come si fila il cotone e la lana.
Poteva anche essere l’uovo di Colombo, ma bisognava pensarci e avere il coraggio di lanciare la fibra sul mercato senza sapere come il mercato avrebbe reagito e la reazione fu di grande successo su tutti i mercati mondiali.
NYLON 6 (LILION)
Della famiglia dei filati sintetici poliammidicisi, si dice che NYLON altro non sia che l’acronimo di “Now You Lose Old Nippon” (così ti ho fregato, vecchio Giappone). Questo perchè in seguito agli avvenimenti della seconda guerra mondiale il Giappone impedì l’importazione di seta dalla Cina che serviva agli Stati Uniti per produrre tessuti utilizzati per il confezionamento di paracaduti per l’aviazione. A questo punto gli U.S. si ingegnarono creando questo nuovo materiale sostitutivo.
Fu prodotto per la prima volta da Paul SCHLACK nei laboratori della IG FARBEN nel 1938, nel tentativo di togliere da un pallone di laboratorio la massa ottenuta dalla polimerizzazione del caprolattame, intesa ad ottenere polimeri a catena aperta, osservò che tale massa ancora pastosa, poteva essere ridotta il fili sottili, setacei, dotati della particolare proprietà di essere stirabili in misura eccezionale, corrispondente cioè a più volte la loro lunghezza primitiva.
Nel 1952 la SNIA cominciò a produrre fibre polianmmidiche con il marchio “LILION”, e questo grazie agli studi effettuati a Cesano Maderno nel proprio Centro Sperimentale, di ricerche (dr. NOTALBARTOLO) che consentirono di mettere autonomamente a punto un procedimento per la produzione del caprolattame, ossigenanado il toluolo con l’acido solforico e successivamente idrogenizzandolo con l’ammoniaca. Tale procedimento, in concorrenza con altri , alla resa dei conti si dimostrò assai economico, anche se la sua messa a punto, per il passaggio dalla fase sperimentale a quella produttiva, incontrò qualche difficoltà.
POLIESTERE (WISTEL)
I primi studi si devono a W.H. CAROTHERS nei primi anni ’30, ma in seguito alla scoperta del nylon le ricerche furono accantonate e riprese nel 1939 da un gruppo di scienziati britannici: J.R. Whinfield, J.T. Dickson, W.K. Birtwhistle, e C.G. Ritchie, che elaborarono il processo di fabbricazione dei polimeri a partire da derivati del petrolio.
Il poliestere è della famiglia di polimeri ottenuti per polimerizzazione a stadi via condensazione che contengono il gruppo funzionale degli esteri lungo la catena carboniosa principale.
Processo utilizzato dalla SNIA:
- acido tereftalico ottenuto per ossidazione catalitica del paraxilene
- aggiunta del glicole etilenico, ottenuto per idratazione dell’ossido di etilene
- ottenimento delle macromolecole di tereftalatico di glicole, facendo reagire il tereftalato di metile con il glicole etilenico
- policondensazione ad alta temperatura e sotto bassa pressione, per ottenere il polimero da fondere.
TITOLAZIONE dei FILATI
I filati sono classificati mediante un numero, chiamato titolo. Esso è definito da una relazione di diretta proporzionalità tra titolo e sezione del filato stesso, nel qule il titolo esprime la grossezza del filato, maggiore è il suo valore numerico, maggiore è la sezione del filato stesso (filati grossi corrispondono a titoli alti); questo perchè non è possibile misurare la sezione del filo in quando facilmente deformabile e più delle volte non circolare
Pertanto, il titolo di un filato è quel numero che indica il peso corrispondente a
9000 mt. di filo, se espresso in denari) o 10000 mt. se espresso in dtex
Aspo contametri
Costituito da: piano di sostegno – rastrelliera – due serie di guidafili fissi – una serie di guidafili mobili – aspo esagonale – contagiri – campanello
Bilancia romana per titolazione
Costituita da: alberino verticale con scala graduata – basamento munito di vite di registro per la livellazione – leva fulcrata con gancio porta provino e indice per la lettura del titolo
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